1948
Ricostruire la pace
La prima Conferenza nazionale dell'Associazione ragazze d’Italia (ARI)
Il 13 e 14 novembre 1948, in una Modena già scenario di arresti di partigiani, proteste mezzadrili e operaie represse dai reparti della Celere manovrati dal ministro Scelba, circa 500 delegate dell’Associazione ragazze d’Italia (ARI) – associazione giovanile dell’Udi − in rappresentanza delle 80.000 iscritte, si riuniscono al Teatro comunale nella loro prima Conferenza nazionale.
L’associazione, nata nel 1946 dall’Unione ragazze d’Italia (URI) con l’intento di conquista delle giovani donne alla partecipazione politica, a Modena conta 3.362 iscritte.
Al centro dei lavori della Conferenza c’è il tema della pace, indispensabile per un futuro fatto di famiglia e lavoro. Le giovani democratiche chiedono occupazione, istruzione professionale, assistenza sanitaria e il diritto a costruirsi una famiglia con prestiti matrimoniali come previsto nel progetto di legge promosso dall’on. Laura Diaz (cassa mutua finanziata anche dai datori di lavoro).
“Le conseguenze che la guerra ha fatto subire a centinaia e migliaia di ragazze resteranno documentati in una pergamena della pace a testimonianza incancellabile contro la guerra. […] La causa della pace è strettamente legata alla sorte delle nuove famiglie”, scrive «Noi donne».
Conclusasi la Conferenza, il 14 novembre, un lungo corteo di giovani ‘Lucie’ giunte da tutta Italia sfilano in città rappresentando la lotta di Lucia Mondello contro il matrimonio forzato voluto da Don Rodrigo, che nel corteo assume le fattezze di De Gasperi.
Le cronache dell’epoca parlano di una sfilata folcloristica con donne in abito da sposa, in costumi regionali, con cartelloni a ricordo delle cadute nella lotta di Liberazione e con un carro allegorico rappresentante la pace.
In piazza Roma le dirigenti nazionali Marisa Musu ed Elvira Berrini Pajetta tengono il comizio conclusivo davanti a circa 3.000 persone provenienti da tutta la provincia.
Durante la manifestazione una ventina di ragazze sono fermate e denunciate per aver indossato camicette rosse, definite dalle forze dell’ordine ‘uniformi’.
Il fatto porta a un’interpellanza al ministro dell’Interno degli on. Diaz e Cremaschi e a un dibattito parlamentare dove l’on. Borellini denuncia che: “Il questore ha fermato alcune partigiane ree di indossare camicette rosse”.