1921

I “martiri fascisti”

L’eccidio del 26 settembre 1921 in via Emilia a Modena

L'uccisione di otto fascisti ad opera della Guardia regia a Modena il 26 settembre 1921 è, con quella di Sarzana avvenuta due mesi prima, non solo uno degli episodi di reazione delle forze di polizia allo squadrismo fascista di maggior rilievo in Italia, ma anche un momento centrale nella costruzione della sua memoria a Modena durante gli anni del regime.

Proprio a seguito dell’eccidio di Sarzana era stato siglato un patto di pacificazione tra fascisti e socialisti, al quale si erano opposti gli squadristi emiliani. Anche a Modena le posizioni favorevoli alla pacificazione dentro il Fascio sono messe in minoranza, mentre continuano le azioni squadriste che provocano forte impressione nella popolazione e determinano un irrigidimento delle autorità, fino a quel momento indulgenti verso i fascisti. 

Dopo il fermo di alcuni squadristi il giorno precedente, il Fascio modenese decide di convocare per il tardo pomeriggio del 26 settembre una manifestazione di protesta. Un migliaio di fascisti provenienti da tutta la provincia, dopo aver seguito un comizio dell'onorevole Vicini nella sala di San Vincenzo, sfila in corteo in via Emilia fino a piazzale Sant'Agostino. Invece di sciogliersi come convenuto con le autorità, il corteo inverte il senso di marcia per dirigersi verso la Prefettura. Fermati inizialmente dalla Guardia regia, ottengono il permesso di proseguire. Mentre un gruppo di squadristi tenta l'ennesimo assalto allo studio del deputato socialista Pio Donati in piazza Mazzini, il corteo si divide per raggiungere la Prefettura e l’abitazione del prefetto. 

Anche questa volta il corteo non si scioglie e ritorna sulla via Emilia, fermandosi davanti al palazzo delle Poste per ascoltare di nuovo le parole dell'onorevole Vicini, mentre la Guardia regia si dispone sotto il Portico del collegio. Al rifiuto di togliersi il cappello di fronte al gagliardetto del Fascio modenese, i funzionari sono aggrediti e le guardie, circondate e senza alcuna via di fuga, aprono il fuoco uccidendo otto fascisti e ferendone una ventina. 

Nonostante sia chiaro che la reazione è dovuta a legittima difesa, da parte fascista si cerca di addossare la responsabilità dell'eccidio al commissario di polizia Guido Cammeo, figlio del rabbino di Modena. Processato nel 1923, è assolto con formula piena, nonostante la pesantissima campagna di stampa contro di lui, che lo accusa di simpatie socialiste.