1969

Una chitarra elettrica contro la guerra

Jimi Hendrix a Woodstock

Può un concerto segnare la storia? Può uno strumento musicale trasformarsi in un’icona generazionale? Sembrerebbe proprio di sì, se pensiamo a quello che avviene tra il 15 e il 18 agosto 1969. “Tre giorni di pace e musica”: così viene presentato dagli organizzatori il festival di Woodstock, che in verità si tiene a Bethel, una cittadina a una settantina di chilometri dal luogo originariamente individuato per lo svolgimento del concerto, e che si prolunga oltre i tre giorni previsti all’inizio (da venerdì 15 a domenica 17) per concludersi lunedì 18. A esibirsi di fronte a una folla di mezzo milione di persone sono, tra gli altri, Joan Baez, Joe Cocker, Janis Joplin, Santana, gli Who, i Grateful Dead e Crosby, Stills, Nash & Young.

È lunedì mattina quando sale sul palco l’ultimo artista in programma. Quel musicista è nato a Seattle, si chiama Jimi Hendrix, non ha ancora compiuto 27 anni e propone al pubblico rimasto (ridotto a meno della metà di quello dei giorni precedenti) alcuni dei capolavori del suo repertorio: tra questi, Foxy Lady, Purple Haze, Hey Joe. Ma a imprimersi nell’immaginario collettivo, per il virtuosismo stilistico e insieme per la forza del messaggio di protesta che lancia, è la rivisitazione dell’inno degli Stati Uniti. Con la sua Fender Stratocaster, Hendrix riesce infatti a riprodurre il rumore di esplosioni e boati che richiamano subito alla mente di chi ascolta la guerra in Vietnam. Musica e politica d’un tratto si fondono grazie a una chitarra elettrica.

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