1968

Omero nello spazio

2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick

Il 1968 è l’anno dei movimenti giovanili e delle proteste studentesche, l’anno in cui le istanze di rinnovamento della società e della politica giungono nelle piazze. Ma è anche l’anno dell’uscita di uno dei film più significativi della storia del cinema mondiale: 2001: Odissea nello spazio dell’americano Stanley Kubrick. Al suo ottavo film da regista, prendendo spunto dal racconto dello scrittore inglese Arthur C. Clarke, La sentinella (1951), Kubrick riflette sulle origini e l’evoluzione degli esseri umani, sul loro rapporto con il resto dell’universo e soprattutto sulla loro relazione (potenzialmente conflittuale) con le macchine intelligenti, qui rappresentate dal supercomputer HAL 9000.

Qual è la storia che il film racconta? Difficile a dirsi, anche perché l’intento dello stesso Kubrick era lasciare liberi gli spettatori di esercitare la propria immaginazione dinanzi allo schermo, senza volerne condizionare il giudizio. 2001: Odissea nello spazio è infatti anzitutto un’esperienza di visione, al di là dei molteplici livelli di lettura teorici che la caratterizzano. Come si può non rimanere affascinati dalla scena iniziale in cui un gruppo di uomini-scimmia circonda un monolito nero o dalla danza delle navicelle spaziali sulle note di Sul bel Danubio blu di Richard Strauss? Il cinema al massimo delle sue capacità espressive, in grado di influenzare la cultura popolare, al di là dei confini nazionali.

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