1931

Per la libertà dell’insegnamento

L’opposizione dei docenti al giuramento fascista

Il 1931 è un anno decisivo per il tentativo del fascismo di estendere il proprio controllo sulla cultura e sul mondo universitario. In ottobre, infatti, è introdotto l’obbligo per i professori di ruolo e per i professori incaricati negli istituti di istruzione superiore di prestare giuramento di fedeltà non solo al re, ma anche al fascismo, al fine di «formare cittadini operosi, probi e devoti alla patria e al Regime Fascista». Su oltre 1.200 docenti, una quindicina (il numero è dibattuto) si rifiuta di giurare, pagando questa scelta con l’estromissione dall’accademia. Tra loro vi sono storici dell’arte, come Lionello Venturi; antichisti, come Gaetano De Sanctis; giuristi, come Francesco Ruffini e il figlio Edoardo Ruffini Avondo; filosofi, come Piero Martinetti; matematici, come Vito Volterra. La loro decisione non si fonda soltanto su ragioni politiche, ma deriva anche dall’intenzione di non accettare vincoli alla libertà di insegnamento, di studio e di ricerca. Paradigmatico è il caso di Martinetti, secondo il quale il giuramento «vincolerebbe» e «lederebbe» la sua «coscienza»; o di Ernesto Buonaiuti, che ritiene il giuramento contrario alle prescrizioni evangeliche. Per Giorgio Boatti, autore di un volume sul tema, Preferirei di no (Einaudi 2017), i docenti che con il loro gesto hanno disobbedito al fascismo ci mostrano ancora oggi «l’arte di attraversare la ventosa terra del “no”. Timoroso orizzonte, spesso mai varcato, del nostro vivere quotidiano».

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