1929
Lo Stato e la Chiesa nei Patti lateranensi
Uno degli ostacoli che il fascismo incontra nel suo progetto totalitario è rappresentato dalla Chiesa. Abbandonati i toni anticlericali del primo fascismo, Mussolini si mostra prodigo di riconoscimenti, che si concretizzano nella riforma scolastica del ministro Giovanni Gentile, nella quale sono previste l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole elementari e l’introduzione dell’esame di Stato al termine di ogni ciclo di studi (misura da tempo invocata dai cattolici nella prospettiva di equiparare scuole pubbliche e private). Dopo le dimissioni dalla guida del Partito popolare italiano di don Sturzo, considerato un ostacolo ai rapporti tra autorità fasciste e autorità ecclesiastiche, Mussolini inizia a intavolare in gran segreto, nell’estate del 1926, le trattative verso la composizione dello storico contrasto tra Stato e Chiesa. Due anni e mezzo più tardi, l’11 febbraio 1929, vengono stipulati i Patti Lateranensi, che prendono il nome dai palazzi del Laterano, luogo in cui Mussolini e il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Gasparri, si incontrano per la firma. I Patti constano di tre parti: un trattato internazionale, con cui la Chiesa pone fine alla “questione romana” riconoscendo lo Stato italiano e la sua capitale e vedendosi riconosciuta la sovranità sulla Città del Vaticano; una convenzione finanziaria con cui lo Stato italiano si impegna a risarcire la Chiesa per la perdita dello Stato pontificio; un concordato che regola i rapporti interni tra Stato e Chiesa. Tra le norme più importanti vi sono il matrimonio religioso con effetti civili e l’insegnamento della dottrina cattolica come fondamento dell’istruzione pubblica. Per il fascismo si tratta un successo anche dal punto di vista propagandistico, dal momento che il regime può presentarsi come autore di quella conciliazione nella quale avevano fallito tutti i governi liberali.
