1969

Lo Stato è ferito

La strage di piazza Fontana e la strategia della tensione

Il 12 dicembre 1969, alle ore 16.30, nella sede della Banca dell’agricoltura di piazza Fontana a Milano, esplode una bomba ad alto potenziale. Gli sportelli sono ancora aperti e l’ordigno, collocato nella grande sala riservata ai clienti, fa una strage: sedici morti e più di ottanta feriti. Quasi contemporaneamente, a Roma, si verificano altre tre esplosioni che provocano alcuni feriti, mentre più tardi è rinvenuta una bomba inesplosa in un’altra banca milanese. La coincidenza temporale, le tecniche e il tipo di materiale usato fanno subito pensare a un unico disegno criminale.

Le bombe del 12 dicembre si inseriscono in un clima di forte conflittualità politica e sociale: il 1969 è l’anno dell’“autunno caldo”, che ha conosciuto un numero di scioperi, manifestazioni e disordini senza precedenti e nel corso dell’anno si erano già avuti più di cento attentati, seppur di minor rilevanza e meno tragici.

In un primo momento le indagini si orientano sulla pista dell’estremismo rosso e anarchico, portando all’arresto di Pietro Valpreda e Giuseppe Pinelli (quest’ultimo muore in circostanze poco chiare), ma emergono indizi a carico di un gruppo eversivo di estrema destra che fa capo a due neofascisti padovani, Franco Freda e Giovanni Ventura. Sono scoperte collusioni tra questo gruppo e uomini dei servizi segreti (Sid), i cui vertici si impegnano in depistaggi e fughe. La verità sugli autori e i mandanti non viene scoperta e il processo subisce innumerevoli sospensioni e rinvii. La sentenza di primo grado è espressa solo nel 1979, condannando all’ergastolo Freda, Ventura e l’agente del Sid Guido Giannettini, poi tutti assolti in appello.

La strage di piazza Fontana segna l’inizio della “strategia della tensione”: un decennio di stragi e attentati messi in atto dal terrorismo di destra in collusione con diverse forze nazionali e internazionali per creare nel nostro paese una svolta reazionaria e destabilizzare i precari equilibri politici. L’inerzia e le connivenze gravi nella magistratura e nelle istituzioni mettono fortemente in discussione la credibilità dello stato italiano.