1963

I have a dream

Nel 1955 la protesta e l’arresto di Rosa Parks – attivista della Naacp (National Association for the Advancement of Colored People) che a Montgomery, in Alabama, si rifiuta di abbandonare il proprio posto sull’autobus dopo essersi seduta nella parte riservata ai bianchi – ha effetti clamorosi: per più di un anno i 45.000 abitanti di colore della città boicottano i trasporti pubblici cittadini finché l’amministrazione deve cedere e i trasporti urbani vengono desegregati.

Il “boycott” di Montgomery fa emergere un nuovo leader nero, il ventiseienne pastore battista Martin Luther King, e segna l’avvio di una ondata di lotte per i diritti civili che si dispiegherà nel corso degli anni Sessanta.

Nel 1957 King diventa presidente della Southern Christian Leadership Conference, che si dedica a coordinare nuove proteste. Dal movimento dei sit-in ai “freedom rides”, si diffondono in tutti gli Stati del Sud manifestazioni e azioni dimostrative contro la segregazione, che raggiungono l’apice con la celebre marcia di Washington del 28 agosto 1963 a cui prendono parte 250.000 manifestanti. Dai gradini del Lincoln Memorial, Martin Luther King pronuncia il suo discorso più famoso “I have a dream”, raccontando il suo sogno di una società americana del futuro nella quale bambini bianchi e neri possano camminare mano nella mano.

La corrente del movimento guidata da King è, infatti, “integrazionista”: ispirata da un forte afflato religioso, utilizza metodi non violenti di disobbedienza civile, con l’intento di fare pressione sull’opinione pubblica e sulle istituzioni, per superare l’ostilità razziale e porre fine alla segregazione. Facendo appello alla coscienza dei bianchi d’America senza ricorrere a minacce o apparire pericoloso, King presenta la questione dei diritti dei neri con un linguaggio che vuole annullare le distanze tra le persone.

Il 4 aprile 1968 Martin Luther King viene assassinato a Memphis, in Tennessee, in circostanze mai pienamente chiarite.