1972

Da Lotta femminista al Gruppo per il salario al lavoro domestico

Nei primi mesi del 1972 a Modena, alcune donne impegnate politicamente nell’area di Potere operaio, decidono di ritrovarsi da sole per parlare di sé, in collegamento con Ferrara e Padova, dove, nell’area di Potere operaio, si era formata Lotta femminista. Tale esigenza di confronto separato dagli uomini coincide sul piano temporale con la crisi e il successivo scioglimento del gruppo modenese di Potere operaio nel marzo 1972. Nasce così l’esperienza locale di Lotta femminista: le donne coinvolte sono una trentina ma la presenza varia a seconda delle riunioni. Nei primi anni, gli incontri vertono sulla riflessione su di sé e la propria esperienza di vita e sulla lettura e riflessione collettiva sulla condizione femminile. Accanto a questa attività più teorica si manifesta una precisa volontà di intervenire concretamente sui servizi sociali e sull’occupazione femminile. Questo doppio binario porta a una frattura all’interno del gruppo tra chi privilegia l’aspetto militante e politico e chi, invece, la pratica della discussione personale e dell’autocoscienza.

In seguito alla spaccatura in seno al gruppo padovano nel 1974, Lotta femminista di Modena, come altre sedi sul territorio nazionale, assume la nuova denominazione di Gruppo per il salario al lavoro domestico, precisando in modo più deciso l’obiettivo del proprio impegno politico, declinato prevalentemente in termini socioeconomici.

Sulla traccia della dirompente opera di Mariarosa Dalla Costa, Potere femminile e sovversione sociale, le donne di questo gruppo ripensano alcune categorie centrali del pensiero marxiano leggendole alla luce della condizione femminile – le donne in quanto riproduttrici di forza-lavoro – e sottolineando il ruolo strategico delle donne, per un rovesciamento dei rapporti capitalistici di produzione. Per le donne del gruppo, la riproduzione non è una sfera separata dalla produzione ma il pilastro dello sviluppo capitalistico; come in fabbrica si producono merci, così in casa si produce la merce forza-lavoro; il lavoro domestico è lavoro che produce plusvalore e sfruttamento.

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