1980
Bologna, 2 agosto 1980
Il più grave attentato terroristico del dopoguerra in Italia
Sabato 2 agosto 1980, alle 10.25, una violenta esplosione devasta l’ala ovest della stazione di Bologna. La deflagrazione coinvolge la sala d’aspetto di prima e seconda classe, il bar-tavola calda, gli uffici della ditta di ristorazione CIGAR situati al primo piano e la pensilina del primo binario. Inizialmente si pensa a un incidente dovuto allo scoppio di una caldaia, ma ben presto emerge l’ipotesi di un attentato terroristico, suffragata anche dalle testimonianze di alcuni militari di passaggio che parlano di un forte odore di esplosivo. Nel pomeriggio, le redazioni dei giornali ricevono una rivendicazione da parte dei Nar, i Nuclei armati rivoluzionari, un gruppo neofascista di estrema destra nato intorno alla metà degli anni Settanta. Il bilancio della strage è drammatico: 85 morti e oltre 200 feriti. Si tratta del più grave attentato compiuto in Italia nel dopoguerra, uno degli ultimi e più sanguinosi episodi della cosiddetta strategia della tensione, che per anni ha insanguinato il Paese. Il processo, dall’iter lungo e complesso, porta a una prima condanna nel 1995: Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, tra i fondatori dei Nar, vengono riconosciuti come esecutori materiali della strage. Per depistaggio delle indagini vengono condannati anche il generale Pietro Musumeci, il colonnello Belmonte, entrambi ufficiali del Sismi (Servizio per le informazioni e la sicurezza militare), insieme al faccendiere Francesco Pazienza e a Licio Gelli, fondatore della Loggia massonica P2. Quest'ultimo, con la riapertura del processo nel 2022, viene condannato anche come mandante e finanziatore della strage.