1945

Hiroshima e Nagasaki

È il 6 agosto 1945. In Europa la guerra è finita da tre mesi, ma in Oriente ancora continua. Il Giappone non si arrende. Sette bombardieri B-29 americani decollano dall’isola di Tinian nell’oceano Pacifico. I primi tre aerei volano su tre differenti città giapponesi per verificare le condizioni atmosferiche: le città individuate sono Hiroshima, Kokura e Nagasaki. Il quarto aereo è di appoggio, il quinto e il sesto trasportano strumenti scientifici, cineprese e scienziati, il settimo si chiama Enola Gay e trasporta una sola bomba chiamata “Little Boy”, che pesa 4.400 kilogrammi ed è lunga 3 metri. Si stanno esercitando da tre mesi per sganciarla. Quando la bomba atomica arriverà sotto i 600 metri di quota esploderà, è pensata per esplodere in aria prima del contatto con il suolo così da rendere massima la sua potenza distruttiva. Alle 8.15 l’Enola Gay sgancia la bomba. I racconti dei sopravvissuti parlano di un flash accecante, una palla di luce fortissima e poi una nube nera che si apre come un fungo multicolore. Poi il boato fortissimo.  Per riferirsi all'accaduto i sopravvissuti coniano una parola nuova pikadon (unione delle parole giapponesi per ''lampo'' e ''boato''). Il numero delle persone morte a causa dell’esplosione e per la malattia dovuta alle radiazioni si aggira intorno alle 200.000 unità. A Tokyo non si spiegano il completo silenzio delle comunicazioni con Hiroshima, filtrano notizie di una esplosione, ma gli alti comandi non hanno contezza dell’accaduto. Il comando giapponese fa decollare un’areo che dopo tre ore arriva sulla città, i piloti scoprono che Hiroshima non esiste più. Diciotto ore dopo il bombardamento il presidente americano Truman annuncia ufficialmente lo sgancio dell’atomica sulla città giapponese. L’8 agosto i sovietici dichiarano guerra al Giappone e invadono la Manciuria. Il Giappone non vuole arrendersi. Il 9, sempre da Tinian, decolla un secondo bombardiere con un’altra bomba atomica denominata “Fat man”. L’obiettivo è inizialmente la città di Kokura, ma le condizioni meteo non permettono al bombardiere di individuare l’obiettivo, così la decisione di puntare su Nagasaki. Alle 11 viene sganciata la seconda bomba atomica della storia. Anche in questo caso il bilancio è drammatico. Si parla di circa 40.000 persone uccise all’istante e oltre 80.000 in totale nei mesi seguenti. Il Giappone non si arrende; persino pronunciare la parola resa incondizionata è vietato e si rischia di essere giustiziati. Il 14 agosto, gli Stati Uniti tornano ai tradizionali bombardamenti e lanciano il più esteso bombardamento della guerra del Pacifico, 1014 aerei senza subire perdite. Alle fine l’imperatore Hirohito si piega e con l’aiuto di alcuni alti ufficiali registra un messaggio per la radio contenente la dichiarazione di resa. Ma nella cultura giapponese arrendersi non è contemplato e allora un gruppo di ufficiali al comando del maggiore Kenji Hatanaka assaltano e occupano il palazzo imperiale, vogliono che il massaggio di resa non venga trasmesso, lo cercano invano. La mattina dopo quando è chiaro che il colpo di Stato è fallito, Hatanaka si suicida. Poche ore dopo il 15 agosto 1945 tutto il Giappone si ferma per ascoltare la radio. L’imperatore legge il messaggio di resa. La guerra è finita. Il 2 settembre 1945 il generale MacArthur riceve sulla portaerei la delegazione giapponese che firma la resa incondizionata. Non si muore più nei campi di battaglia anche se i sopravvissuti alle due bombe nucleari per anni continueranno ad ammalarsi e morire per gli effetti delle radiazioni. Saranno chiamati Hibakusha, un termine che alla lettera significa “coloro che sono stati colpiti dal bombardamento”.