1949

Giornalisti operai

L’esperienza dei giornali di fabbrica, 1949-1956

Nella prima metà degli anni Cinquanta Modena vive la straordinaria esperienza dei giornali di fabbrica. Evoluzione dei giornali murali esposti dopo la Liberazione nelle aziende, nascono in un primo momento per esigenze difensive di fronte alla smobilitazione delle fabbriche, ai licenziamenti, all’offensiva padronale contro le Commissioni interne, ma col tempo divengono luoghi di elaborazione di una cultura operaia dai tratti originali, riuscendo a coinvolgere tanti lavoratori e a far conoscere le reali condizioni nelle fabbriche tra la popolazione.

Tra il 1949 e il 1956 escono a Modena più di quaranta giornali di fabbrica, un numero che ha pochi paragoni sul piano nazionale, coinvolgendo piccole e medie imprese e persino aziende agricole. In occasione del primo convegno nazionale della stampa dei lavoratori, che si svolge a Milano nel dicembre 1953, si contano circa 200 testate, una trentina delle quali (il 15%) edite a Modena. Un censimento dell’anno precedente calcola a Modena 28 giornali di fabbrica con 340 numeri usciti e una tiratura complessiva di 137.000 copie.

Tra le tante testate si possono citare “Il Trattore” della Fiat Oci, “Il faro” della Fiat Grandi motori, “L’Aratro” della Martinelli, “L’Officina” della Rizzi, “Il crogiuolo” delle Fonderie riunite, “Il Lingotto modenese” delle Acciaierie ferriere, “Tribuna aperta” della Manifattura Tabacchi, “Il cavallino” della Ferrari di Maranello, “L’Eco di fabbrica” della Magneti Marelli di Carpi, “La Risma” della cartiera Brodano di Vignola, “Il Torrione” della Sipe di Spilamberto.

Da segnalare è la presenza in molti giornali di fabbrica della ‘terza pagina culturale’, in cui sono recensiti libri, film e spettacoli teatrali, si invita allo studio e, soprattutto, sono pubblicati racconti e poesie dei lavoratori.

Già a partire dal 1953 sono però evidenti i segnali di difficoltà, per gli attacchi ai giornalisti operai e alle testate da parte delle direzioni aziendali e delle autorità, ma anche perché si fa più pesante il ‘controllo’ dei contenuti politici da parte della Federazione comunista modenese, e intorno alla metà degli anni Cinquanta questa esperienza di giornalismo operaio si conclude.