1944

«Non un uomo né una macchina in Germania»

Gli scioperi operai del marzo 1944

Alla fine di febbraio del 1944 Paolo Zerbino, capo della provincia di Torino, che ricade sotto il controllo della Repubblica sociale italiana, ordina le ferie forzate per i lavoratori di alcune industrie della città, con l’esclusione di quelle necessarie alla produzione bellica. La giustificazione ufficiale è la mancanza di acqua ed energia elettrica. In verità, le autorità vogliono evitare agitazioni. C’è infatti aria di forte malcontento tra gli operai a causa sia della scarsità dei generi alimentari e dell’aumento dei prezzi, ma anche della richiesta sempre più insistente di pace e di liberazione dall’oppressione nazifascista: le rivendicazioni sociali ed economiche si saldano così esplicitamente alla lotta politica, segnando un passo in avanti rispetto alle agitazioni del marzo 1943. «Non un uomo né una macchina in Germania», si legge in un volantino di fabbrica clandestino. La decisione di Zerbino non impedisce lo sciopero, che inizia il 1o marzo 1944 e che assume dimensioni imponenti, sostenuto da azioni di sabotaggio da parte delle formazioni partigiane. Contemporaneamente si sciopera nei maggiori stabilimenti di Milano e Sesto San Giovanni: dalla Marelli alla Breda, dalla Falck all’Alfa Romeo. Si segnalano proteste anche in Toscana, Emilia Romagna, Veneto e Liguria. Le lotte si protraggono fino all’8 marzo, coinvolgendo centinaia di migliaia di lavoratori. La Repubblica sociale italiana e i nazisti rispondono ordinando una violenta repressione con arresti, esecuzioni sommarie e deportazioni.

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