1930

Pane e Lavoro

Le proteste di tabacchine, filandaie e orlatrici

Nel ventennio fascista la sottomissione di lavoratori e lavoratrici, dopo la distruzione delle sedi sindacali e il forzato allontanamento dei sindacalisti, non è immediata né totale.

La Legge fascistissima che regolava la Disciplina giuridica dei rapporti collettivi di lavoro (L.563/26) vietava le serrate e gli scioperi prevedendo multe ed arresti; essere tra gli organizzatori di uno sciopero poteva significare mesi di carcere.

Nonostante la repressione fascista, in molte occasioni i lavoratori trovano il coraggio di chiedere: «pane e lavoro», cioè diritti e condizioni di lavoro dignitose, in risposta alla diminuzione progressiva dei salari e degli stipendi imposte dal Governo che li ha affamati. Sono per lo più scioperi spontanei e sono principalmente ad iniziativa femminile in tutta l’Emilia-Romagna, dove se ne arrivano a contare una settantina, numero considerevole se rapportato con il dato nazionale che parla di 160 “scioperi e serrate” nel triennio 1935-1937.

A Modena, il 7 novembre 1930, davanti alla Manifattura Tabacchi sono diffusi volantini comunisti, e le operaie si astengono dal lavoro. Le operaie della Manifattura Tabacchi sono note in città per la loro “irrequietezza”, avevano infatti già manifestato il 23 settembre 1919 in circa 500 contro il caro-viveri e alcune di loro erano state protagoniste degli scontri che portarono all’eccidio dei lavoratori avvenuto il 7 aprile 1920 in Piazza Grande.

Negli anni a seguire alcune di loro sono licenziate per motivi politici, altre colpevoli di cantare “bandiera rossa” vengono adibite alle mansioni più pesanti; in diverse occasioni all’uscita dalla fabbrica sono prese di mira da violenze verbali fasciste. Il Pci può contare all’interno della fabbrica di una delle poche militanti comuniste dell’epoca, Jolanda Sala, che interviene al Congresso delle gioventù comunista a Migliarina di Carpi il 28 settembre 1930. Nel1931 le operaie della Manifattura Tabacchi ottengono un soprassoldo per ripagare la perdita delle paghe.

Anche le setaiole di Spilamberto sono protagoniste di diverse azioni di protesta. Lo sciopero di maggior rilievo è quello del 25 novembre del 1930 quando circa 200 operaie sfilano lungo le vie del paese: protestano contro il gerarca Preziati, nuovo proprietario della Filanda che pretende che non cantino durante il lavoro e che lavorino 9 ore al giorno, pagandole solo per 8. La protesta si ripete anche due anni dopo quando in autunno le operaie di uno stabilimento serico di Spilamberto contestano l’accordo raggiunto tra proprietà e sindacati, che riduce la loro paga oraria.

Nel 1932 avviene un altro sciopero molto significativo: oltre 300 lavoratrici nelle aziende di tomaie di Modena scioperano contro la riduzione delle paghe. Queste ultime scioperarono in altre occasioni nel 1934 e nel 1938.