1938

Introduzione delle leggi razziali in Italia

Una delle manifestazioni più serie e terribili della stretta del regime fascista è l’introduzione nell’autunno del 1938 delle leggi razziali: una serie di norme discriminatorie nei confronti degli ebrei sulla falsariga di quelle naziste. Le leggi razziali in Italia limitano l’attività professionale degli ebrei, li escludono dagli uffici pubblici, vietano i matrimoni misti. Un documento importante per la promulgazione delle leggi fu il Manifesto della razza, pubblicato in forma anonima il 14 luglio 1938 su “Il Giornale d’Italia” il 14 luglio 1938 con il titolo Il Fascismo e i problemi della razza e poi ripubblicato sul numero uno della rivista "La difesa della razza" il 5 agosto 1938 e firmato da dieci scienziati. Sono molti i decreti che tra l’estate e l’autunno del 1938 sono firmati da Benito Mussolini in qualità di capo del Governo e poi promulgati da Vittorio Emanuele III, legittimano tutti la visione razzista della cosiddetta “questione ebraica”. Preparata da un manifesto e preannunciata da una massiccia campagna di stampa, la legislazione razziale arriva in un paese che, al contrario di Germania, Francia e Russia, non aveva mai conosciuto forme di antisemitismo diffuso. Mussolini si propone di incoraggiare  negli italiani l'interesse verso la questione dell’orgoglio razziale e di fornirgli un motivo di aggressività e compattezza nazionale.

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