1932

Alla ricerca di una cultura libera

Guanda pubblica autori non ammessi dal regime fascista

Dopo un lungo periodo di adesione al fascismo attraverso la sua partecipazione al “Cenacolo fascista di Cultura e Arte” di Modena e la censura da parte delle autorità delle due riviste che aveva redatto e pubblicato con l’amico Antonio Delfini, nel 1931 Ugo Guandalini fonda una casa editrice, ospitata per un certo periodo nella casa del Delfini in corso Canalgrande (all’epoca corso Umberto I), che funge da deposito e magazzino. Guanda – questo è il suo nome – si occupa prevalentemente di poesia, teatro e letteratura, ma, dal 1932, a seguito di una profonda maturazione intellettuale del suo direttore e del programma culturale definito, inizia a pubblicare anche opere non ammesse dal regime. Esce infatti la collana “Problemi d’oggi”, descritta dal catalogo 1941 della casa editrice come «la sola in Italia che offra un panorama completo delle correnti spirituali più vive e moderne, trattate al di fuori di ogni setta» e si avvale degli intellettuali più avvertiti e aperti al dibattito europeo. Offre infatti al lettore italiano autori cruciali del Novecento, a volte antifascisti, altre volte semplicemente proibiti dal fascismo, tra cui Jacques Maritain, Ernesto Bonaiuti, Adriano Tilgher, Enzo Paci e Giuseppe Rensi.

Da qui in poi, il distacco di Guandalini dal regime è totale. Nel 1935 si trasferisce a Parma e, di lì a poco, anche la casa editrice lo segue. Con la fine della guerra, non cambiano le linee ispiratrici della politica editoriale di Guanda, fondata su una forte spinta morale, necessaria alla ricostruzione radicale del Paese. Su queste basi, nel giugno 1945, inizia a pubblicare il periodico culturale “Il Contemporaneo”. Nelle colonne del giornale scrive Guandalini riguardo la sua interpretazione del passato e del presente: «Il problema italiano è soprattutto […] un problema di educazione alla libertà, che si determina in primo luogo come rispetto all’altrui libertà e quindi come fatto etico, e perciò come limite e controllo di sé». E, nel 1949: «Il fascismo non era, almeno inizialmente, un movimento illiberale e intollerante; lo divenne rapidamente più che per volontà cosciente e precisa di Mussolini, per l’omertà grandiosa, l’acquiescenza senza limiti, la viltà sconfinata, la mancanza completa di coraggio morale degli italiani e particolarmente […] di quegli uomini che avrebbero dovuto avere la funzione di guida, di capi spirituali e religiosi nel senso più alto del termine» (da A. Benini, Ugo Guanda editore negli anni difficili, Pescarenico di Lecco 1982, p. 24).