1919

“Non posso avere nemici che abbiano meno di sette anni”

Eglantyne Jebb fonda Save the Children

Trafalgar Square, da sempre teatro di tutte le manifestazioni di protesta, durante i primi anni del Novecento è il luogo in cui si radunano pacifisti e socialisti, ma soprattutto le suffragette che qui organizzano grandi manifestazioni per conquistare il diritto di voto. Ed è proprio in questa piazza che nell’aprile 1919 Eglantyne Jebb, un’insegnante di Ellesmere nella campagna inglese con alle spalle una tipica educazione vittoriana, armata di pacchi di volantini del Fight the Famine Council – l’organizzazione contro la fame che ha fatto nascere insieme alla sorella Dorothy e di cui è segretaria – manifesta contro gli effetti devastanti del blocco navale che le nazioni vincitrici continuano a imporre a Germania e Austria, dove i più colpiti sono i bambini che in centinaia di migliaia stanno morendo di fame. Arrestata dalla polizia viene processata e condannata a pagare una multa per evitare il carcere, ma il clamore suscitato da questa vicenda sulla stampa fa sì che l’austero procuratore capo alla fine dell’udienza consegni a Eglantyne una banconota di cinque sterline, l’equivalente della multa, a sostegno della causa. Saranno proprio queste sterline la base di partenza del nuovo movimento – il Save the Children Fund – che le sorelle Jebb lanceranno pubblicamente pochi giorni dopo, il 19 maggio 1919, con un evento alla Royal Albert Hall di Londra.

La retorica patriottica della Grande Guerra sbriciola le reti internazionali di solidarietà – l’internazionale operaia si spacca così come quella delle donne – e nel corso del conflitto l’Inghilterra perde una intera generazione, mezzo milione di uomini sotto i trent’anni; la priorità è quella di aiutare le vedove e gli orfani inglesi non certo “i figli dei nemici”, ma per questa attivista rivoluzionaria la sofferenza non deve avere confini perché non si stancherà mai di ripetere “non c’è linguaggio più universale del pianto di un bambino”. Diventa necessario, quindi, intervenire sui governi per mettere fine all’embargo e alla strage di civili che si sta compiendo ancora nel 1919, formalmente il primo anno di pace: a Berlino muore il 50% dei bambini in più rispetto all’anno precedente. Da qui l’idea di affiancare all’azione del Fight the Famine Council, di sensibilizzazione e advocacy verso i governi, una raccolta fondi per rispondere all’emergenza sanitaria in corso nell’Europa Centrale e soccorrere tempestivamente le popolazioni colpite dalla fame, soprattutto i bambini. Nasce così, in un clima di crisi e conflitto ideologico, il fondo di soccorso chiamato “Save the Children Fund”, la cui storia – che diventerà presto internazionale con il trasferimento, nel 1920, della sede da Londra alla ‘neutrale’ Ginevra, polo di attrazione delle grandi organizzazioni umanitarie e della Società delle Nazioni – si deve anche alla tenacia della cofondatrice Eglantyne Jebb e al suo principio ispiratore: “Abbiamo un unico obiettivo, salvarne il più possibile e abbiamo un’unica regola, aiutarli qualunque sia il loro Paese, qualunque sia la loro religione”.

Anche in Italia si sviluppa una grande rete di solidarietà: il 23 dicembre 1919 dalla stazione di Milano parte un treno carico di aiuti alimentari con otto carrozze pronte per portare i bambini viennesi in Italia e con i “treni della fratellanza” l’Italia – paese a cui Eglantyne guarda con grande ammirazione per ospitare, nonostante le difficoltà, “i figli dei più implacabili nemici di ieri” – accoglie più di 6.000 bambini austriaci.

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