1919

Disegnare l’Europa

La conferenza di Parigi

Un compito difficile attende i vincitori della Prima guerra mondiale riuniti a Parigi nella conferenza di pace apertasi nel gennaio del 1919: ricostruire l’equilibrio tra le nazioni e ridisegnare la carta politica europea rimasta intatta per oltre mezzo secolo ed ora rivoluzionata dal crollo simultaneo di ben quattro storici imperi (tedesco, austroungarico, russo e turco). “I quattro grandi” delle potenze vincitrici - l’americano Wilson, il francese Clemenceau, l’inglese Lloyd George e l’italiano Orlando - incontrano subito notevoli difficoltà nella realizzazione pratica del programma wilsoniano dei 14 punti fondato sui principi di nazionalità e autodeterminazione, in primo luogo per la natura degli stati europei popolati da gruppi etnici intrecciati tra loro, in secondo luogo per l’esigenza di punire i nemici anche sul piano territoriale. Pace punitiva o pace democratica? Questo dilemma si scioglie nella discussione sulla Germania. I francesi premono per un’amputazione territoriale dei territori tedeschi, ma incontrano l’opposizione di inglesi ed americani. La Francia cede, in cambio di una garanzia anglo-americana sulle frontiere. La punizione per i tedeschi, indicati nel trattato firmato il 28 giugno 1919 come i responsabili della guerra, arriva dalle numerose e pesantissime clausole di carattere economico, tali da rendere impossibile una ripresa economica per il Paese. Inoltre l’Europa uscita dalla conferenza conta ben otto nuovi stati. La speranza di garantire l’equilibrio territoriale viene riposta nella Società delle Nazioni, organismo sovranazionale, la cui operatività parte già minata dall’esclusione di tutti i paesi vinti e della Russia. La mancanza di un reale potere decisionale riceve un ulteriore grave colpo: gli Stati Uniti, che avrebbero dovuto esserne il perno, respingono l’adesione nel 1920, preludendo ad una stagione di isolazionismo.  

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