Il complesso residenziale pubblico alla Sacca, finanziato dall’Istituto INA-Casa, è il terzo e ultimo realizzato a Modena nel corso del secondo Settennato 1956-1963 del Piano Fanfani. L’ampia area disponibile in zona periferica e l’implementazione delle linee guida nazionali consentono un impianto urbanistico del quartiere, molto innovativo per Modena, caratterizzato da corpi di fabbrica liberamente disposti, composti da una semplice tipologia edilizia. Gli ampi spazi verdi, la contenuta densità abitativa, concentrata nei blocchi residenziali, e la dotazione di servizi configurano una prima idea di quartiere organico. L’assetto scelto supera il tradizionale modello degli isolati ortogonali, disponendo gli edifici ai margini dell’area e con percorsi secondari interni che portano al verde e ai servizi.

La ricostruzione del patrimonio edilizio distrutto risponde alla necessità di offrire nuovi alloggi ai lavoratori dei vicini opifici della storica zona industriale modenese, realizzando attraverso l’edilizia popolare una nuova qualità urbana, una nuova idea di città. I progettisti interpretano nel nuovo contesto urbano il più forte valore del Piano: la casa sociale come tema morale di valore nazionale e occasione di riscatto.

La zona industriale a nord della città, dove sorge il Quartiere INA-Casa Sacca, nel 1957 era già stata oggetto di un significativo sviluppo insediativo produttivo, che si affiancava e in parte sostituiva il preesistente patrimonio distrutto dai bombardamenti. Il nuovo Mercato Bestiame (1949) e il Consorzio Agrario (1955) costituiscono infrastrutture di grande portata per tutta l’economia provinciale. Il nuovo ampio complesso residenziale produce quindi un duplice effetto di discontinuità delle funzioni urbanistiche e di caratterizzazione sociale dell’area, poi rimarcata con la costruzione della Polisportiva Sacca.