Chiesa di San Vincenzo
Corso Canalgrande 75, angolo con via Gherarda
La primitiva chiesa dedicata a San Vincenzo risale alla fine del XIII secolo ed era un piccolo edificio con la facciata rivolta a ponente e l’abside sul Canalgrande. All’inizio del XVII secolo ne prendono possesso i Padri Teatini, che, nel 1617, demoliscono la chiesetta e al suo posto ne erigono un’altra con la facciata sul Canalgrande. L’esecuzione del progetto è completata da Luigi Bartolomeo Avanzini, che, sebbene abbia messo a punto l’apparato decorativo, aveva ipotizzato una grandiosa cupola, che però avrebbe creato problemi strutturali ed economici. Viene dunque creata una modesta calotta, poi, dal 1660, sotto la direzione di Guarino Guarini, la facciata della chiesa e del monastero dei Teatini a fianco (oggi sede del Tribunale di giustizia). È di questi stessi anni la costruzione di una cappella che avrebbe dovuto raccogliere le spoglie dei duchi estensi sparse in varie chiese di Modena. Solo nel 1881, però, per volere dell’arciduca Francesco d’Austria, sono qui traslate 19 salme e, nel 1925, quella della duchessa Laura Martinozzi, ritrovata nei sotterranei dell’ex convento delle Salesiane.
L’erezione dell’edificio termina solo nel 1761, ma sette anni più tardi San Vincenzo cessa di essere una parrocchia e, nel 1777, anche in questa chiesa – come in tutte le altre della città – vengono chiuse le tombe e imposto il divieto di tumularvi altri defunti. Nel 1782 i Teatini vengono soppressi per ordine ducale ed espulsi dallo Stato estense, mentre i loro beni sono concessi all’Opera pia. Nello stesso anno prendono possesso della chiesa e del convento i Padri Agostiniani, soppressi dieci anni dopo.
Allontanati i monaci, la chiesa rimane aperta come parrocchia, mentre il convento viene adibito a magazzino, caserma e alloggio per ufficiali, finché, nel 1823, viene destinato a “convitto legale”, dove abitano gli studenti dell’Università di Legge.
Il 13 maggio 1944, un bombardamento alleato sul centro storico colpisce il presbiterio e il coro della chiesa, distruggendo l’abside e la cupola affrescati da Sigismondo Caula nel 1671.