Angelo Fortunato Formiggini

Modena, 1878 – 1938

Editore, filosofo, scrittore

Nasce da una famiglia di origine ebrea, modenese da molto tempo (le prime notizie risalgono al 1629), che deriva il proprio nome dal paese di Formigine.  Si laura con lode in Giurisprudenza nel 1901 con una tesi intitolata “La donna nella Thorà in raffronto col Manava-Dharma-Sastra”, contributo storico-giuridico ad un riavvicinamento tra la razza ariana e la semita. Nel 1902 si trasferisce a Roma. Nel 1906 sposa la pedagogista Emilia Santamaria e si trasferisce a Bologna. Qui, il 28 febbraio 1907, consegue la seconda laurea in filosofia morale con una tesi dal titolo “La Filosofia del ridere”.

Nel 1908, in occasione della Festa Tassoniana da lui organizzata a Fossalta, inizia la sua avventura di editore con la pubblicazione di una raccolta di sonetti burleschi di Alessandro Tassoni. Sempre nello stesso anno esce il primo volume della “Biblioteca di Filosofia e Pedagogia”. Alla fine del 1909 si trasferisce da Bologna a Modena e nel 1911 si sposta a Genova.

Nel 1915 prende parte come volontario alla Prima Guerra Mondiale ma, dopo circa un anno di fronte, viene congedato. La casa editrice, che ancora ha sede a Genova, viene distrutta durante il conflitto. Decide allora di trasferirsi a Roma e riprendere la sua attività editoriale. Qui, nel 1918, fonda “L’Italia che scrive” – più conosciuta con l’abbreviazione ICS – uno dei primi e più originali mensili di informazioni bibliografiche che uscirà fino al 1938. È però “Classici del ridere” la sua collana più nota, che esordisce nel 1912. Proprio la sua vocazione educativo-divulgativa lo porta a dare vita, nell’aprile 1922, a una Biblioteca circolante che raggiunge in breve tempo oltre 40.000 libri. Nel 1921 dà vita all’Istituto della propaganda della cultura italiana. Il fascismo se ne impadronisce rinominandolo Fondazione Leonardo per la cultura italiana.

Sono gli anni in cui Formiggini fa convergere sui gerarchi fascisti la sua pungente ironia che diventa vera e propria satira antifascista.

La crisi generalizzata dell’editoria italiana negli anni Trenta porta a problemi finanziari sempre più stringenti che lo obbligano a vendere la casa natale di Modena, a cedere la “Biblioteca circolante” e a licenziare la maggior parte dei suoi dipendenti.

Nel 1938 subisce le conseguenze dei primi provvedimenti razziali e per evitare l'espropriazione cambia la proprietà e il nome della sua Casa editrice, ma è tutto inutile. Torna a Modena per suicidarsi la mattina del 29 novembre 1938 con il gesto eclatante di gettarsi dalla Ghirlandina, per denunciare al mondo l’infamia delle leggi razziali.

Nella sua ultima lettera chiede di chiamare in suo ricordo il pezzo di marciapiede dove cadde “al tvajol ed Furmajin” (il tovagliolo del Formaggino, in dialetto modenese). A ricordo del suo gesto per la Libertà la lapide posta dall’Amministrazione comunale nel 1988 in occasione del Cinquantesimo anniversario.

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